Svezzamento

Quando si parla di svezzamento c’è spesso molta confusione perché ognuno inizia a dire la sua. Anche in questo percorso l’ostetrica può fornire un valido supporto alle famiglie: fin dalla nascita del bambino sostiene l’allattamento e successivamente consiglia le famiglie per un passaggio all’alimentazione solida semplice e naturale.

Data:
12 Maggio 2017

Svezzamento

Quando si parla di svezzamento c’è spesso molta confusione perché ognuno inizia a dire la sua.

Anche in questo percorso l’ostetrica può fornire un valido supporto alle famiglie: fin dalla nascita del bambino sostiene l’allattamento e successivamente consiglia le famiglie per un passaggio all’alimentazione solida semplice e naturale. Le ostetriche che si occupano di svezzamento lavorano generalmente sul territorio, nei consultori o come libere professioniste.

Qualche volta sono le stesse che hanno seguito la donna durante la gravidanza e il post-parto e quindi conoscono i bisogni e le abitudini della famiglia. Ogni bambino infatti è diverso e non esiste la “ricetta” universale per lo svezzamento. Il termine significa letteralmente togliere il vizio – quello di essere allattati al seno – per passare all’alimentazione solida. Sappiamo bene che essere allattati al seno non è un vizio ma il fisiologico modo per essere alimentati durante i primi mesi di vita. Per abbandonare questo significato negativo spesso si sentono usare termini come “auto svezzamento” o “alimentazione complementare a richiesta”.

La richiesta è del bambino, per quanto riguarda il cosa, il come e il quando, esattamente come succede con l’allattamento al seno.

Le domande che i genitori si pongono più frequentemente riguardo allo svezzamento sono: quando, cosa e come?

Quando?

Intorno ai 6 mesi di vita il bambino raggiunge delle tappe importanti nel suo sviluppo psicofisico: impara a stare seduto da solo, ha messo i primi dentini, è in grado di “pulire il cucchiaio” con il labbro superiore, afferra bene gli oggetti ed è in grado di muoverli e portarli alla bocca.

È il periodo dell’esplorazione del mondo esterno in cui il bambino tenderà ad “assaggiare” tutto ciò che gli si pone davanti, dal giocattolo, al proprio piedino, al pezzetto di cibo.

Per comprendere meglio il concetto potremmo fare un paragone con l’allattamento al seno: fin dalla nascita la natura ci dota dell’istinto e dei riflessi necessari per garantire un attacco e una suzione efficaci a stabilire e mantenere la produzione di latte necessaria; quando l’alimentazione esclusiva con latte materno diventa insufficiente per i fabbisogni del bambino, questo avrà nel frattempo sviluppato la curiosità e le capacità psicomotorie per interessarsi all’alimentazione solida.

In passato è stato proposto a lungo uno svezzamento precoce, attorno ai 3 mesi. Dobbiamo però tenere presente che in quegli anni l’allattamento artificiale era molto promosso, sebbene le prime formule non contenessero assolutamente tutti gli elementi necessari alla crescita dei bambini. Per integrare le carenze del latte in polvere si era costretti ad introdurre i cibi solidi molto precocemente. Questa abitudine si è poi prolungata e diffusa anche ai bambini allattati al seno e nonostante oggi i latti artificiali debbano rispondere a dei rigidi standard di legge.

Gli alimenti solidi non dovrebbero comunque mai essere introdotti prima dei 4 mesi, preferibilmente non prima dei 6 e non c’è alcuna necessità nutritiva di anticipare i tempi. In caso di dubbi, osservando il bambino e confrontandosi con i genitori, l’ostetrica potrà aiutarli a valutare se il bambino sia “pronto” ai primi assaggi.

Cosa?

Quello che mangiano i genitori. A patto che seguano una dieta varia ed equilibrata, senza eccedere con condimenti, sale e zucchero che potrebbero indurre il bambino a prediligere in futuro cibi poco sani. Non è necessario seguire uno schema rigido per l’introduzione dei diversi alimenti. Questa abitudine era dettata dalla paura che alcuni cibi potessero risultare allergizzanti se introdotti troppo precocemente. In realtà è esattamente il contrario: ritardare l’introduzione di alimenti come l’uovo o i cereali potrebbe favorire lo sviluppo di allergie. La scelta più economica, comoda ed appropriata è dunque quella di dare al bambino ciò che mangerebbe un adulto, avendo la semplice accortezza di ridurre il cibo in piccoli pezzi o di tritarlo.

Se lo svezzamento avviene nel rispetto dei tempi, l’intestino del bambino è in grado di digerire e assimilare tutti gli alimenti. In questa fase molti genitori si sentono rassicurati dal confronto con altri genitori che stanno vivendo la stessa esperienza. Questa possibilità è offerta durante i gruppi allattamento e svezzamento organizzati nei consultori o dalle ostetriche libere professioniste.

Come?

Il consiglio è quello di mettere il bambino a tavola con i genitori durante i pasti. Questo gli permette di apprendere per imitazione e di mostrare la sua curiosità: può essere che allunghi le mani o che indichi il vostro piatto per raggiungere il cibo. Inizialmente si tratta di piccoli assaggi, che non sostituiscono le poppate. È probabile che dopo un solo assaggio abbandonino ciò che stavano mangiando e mostrino interesse per qualcos’altro, oppure che si limitino a giocare. È il loro modo per imparare: si stanno approcciando ad un modo completamente nuovo di alimentarsi e hanno bisogno di un po’ di tempo.

La loro fonte principale di nutrimento rimarrà ancora il latte per diversi mesi.

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Ultimo aggiornamento

19 Luglio 2017, 16:32